Alessio Lega e Giangilberto Monti
StràMilano
Lo stradario cantato della città

Lo stradario cantato di Milano è un agile manuale che permette di scoprire Milano a chi ci arriva per la prima volta, e di riscoprirla a chi la abita senza conoscerla. È una narrazione poetica e realistica di una città sempre allo sbando e sempre all’avanguardia. È la fonte di molte suggestioni per scoprirsi turisti nella città del lavoro, per scoprire che sotto la crosta della frenesia, Milano è una città di perditempo e narratori. Una città di percorsi e di storie,che Alessio Lega e Giangilberto Monti ci portano a visitare… con una canzone sempre pronta sulle labbra.

Sì, Milano può essere tutta cantata: quartiere per quartiere, strada per strada e a volte casa per casa. Milano conosce le canzoni della “mala” di fine ottocento e quelle più classiche scritte nel dopoguerra per Milly, Ornella Vanoni e Milva, ma anche il cabaret dei Gufi e gli impietosi ritratti dei cantautori che ci passavano a lavorare, da Lucio Dalla e Fabrizio De André a Francesco Guccini, così come le periferie narrate da Enzo Jannacci o l’hinterland martoriato celebrato dalla violenza espressiva degli Afterhours e dai rapper più smodati.

Uno stradario cantato ci permette di cogliere tutti gli angoli fisici e atmosferici della città. Lo stradario – con l’ausilio di mappe illustrate – ci suggerisce delle vere e proprie passeggiate fra le canzoni da fare a piedi, in bicicletta o sui mezzi: metrò o tram che siano, anche perchè l’automobile a Milano è sempre più a rischio..

Non solo i luoghi ed i personaggi delle canzoni (il vicolo delle lavandare, il dormitorio pubblico oggi intitolato a Jannacci, il palo della banda dell’Ortica, la Palazzina liberty dove andavano in scena le farse musicali di Dario Fo), ma anche gli indirizzi dei locali “mitici” dove sono nati il rock e la nuova canzone d’autore (il Santa Tecla, il CAB 64), i cabaret dov’è nata la comicità degli ultimi cinquant’anni (il Derby, lo Zelig), i teatri di varietà ed i templi culturali come il San Gerolamo e il Lirico, accanto ai centri sociali ed ai circoli che hanno tenuto a battesimo tutte le nuove tendenze, dal punk all’hip hop (Virus, Leoncavallo). Perché a Milano i luoghi sono al contempo lo scenario e il palcoscenico delle sue storie.

Milano amata, Milano odiata. Simbolo del progresso, ma anche dello sfruttamento. Milano col cuore in mano, ma anche il covo dei finanzieri e dei palazzinari. Milano dell’intelligenza e della cultura, ma anche dei “cumenda” e dei “bauscia”. Milano brutta nelle strade e meravigliosa nei cortili. Milano delle latterie e dei supermercati. Milano dei navigli coperti dall’asfalto. Milano delle periferie che sembrano paesi, dei dormitori che sembrano città… e potremmo continuare a lungo.

Milano è la città più cantata d’Italia: questo lo diciamo senza tema di smentite. “E Napoli?”, direte voi? Sì, certo, Napoli è la città della canzone per antonomasia, ma anche quando viene criticata lo si fa con amore, in modo oleografico… Milano invece per molti è il paradigma di tutto ciò che si può detestare in una metropoli. Ecco perché le canzoni danno di Milano un’immagine non stereotipata, ecco perché accanto alla Milano amata è sempre esistita la Milano odiata.

Milano è semplicemente l’Italia: la sirena che adorna la prua della nave, il faro che segnala il porto, la contraddizione che illumina il futuro. Città fenomenale che non può essere un museo, perché si rinnova ogni giorno, perché forse è l’unica città d’Italia che sa costruire, distruggere e ricostruirsi.

Per tutti questi motivi Alessio Lega – cantastorie e scrittore salentino, trapiantato a Milano da più di trent’anni – e Giangilberto Monti – milanese di nascita e di cultura, narratore e musicista auto-esiliatosi in campagna – hanno redatto uno stradario che può essere integralmente cantato. Uno strumento di conoscenza che è il romanzo della più europea e inclusiva delle città italiane.

Califano libro copertina

Giangilberto Monti e Vito Vita
FRANCO CALIFANO – Vita, successi, canzoni ed eccessi del “Prévert di Trastevere”
(Gremese Editore, Roma 2022)

Artista discontinuo ma di eccezionale talento, autore di grandi successi, interprete di canzoni dialettali romanesche, infaticabile animatore delle notti capitoline e talvolta protagonista di storie di cronaca nera, Franco Califano nasce a Tripoli nel 1938 ma cresce e vive a Roma dove scompare il 30 marzo 2013, lasciando in eredità, tra canzoni e poesie, circa 1000 opere.

La sua vocalità arrocchita, accentuata da stravizi e sigarette, ha tonalità medio basse e una tessitura limitata, ma le sue composizioni acquistano uno straordinario respiro melodicoquando sono eseguite da interpreti del calibro di Ornella Vanoni (La musica è finita, Una ragione di più), Mia Martini (Minuetto, La nevicata del ’56), Mina (Amanti di valore), Peppino Di Capri (Un grande amore e niente più), Bruno Martino (E la chiamano estate), Fred Bongusto (Questo nostro grande amore) e moltissimi altri interpreti.

Un libro che racconta come un romanzo l’avventurosa vita del Califfo riportando le dichiarazioni di amici e collaboratori intervistati per l’occasione e attingendo ai tanti spunti autobiografici sparsi nelle sue canzoni: a cominciare da due capolavori come Tutto il resto è noia (1977) e La mia libertà (1981), canzoni-manifesto della sua ispirazione e del suo stile di vita anticonformista.

Giangilberto Monti e Vito Vita
Gli Anni d’Oro della Canzone Francese 1940-1970
(Gremese Editore, Roma 2022)

Lo chansonnier e scrittore Giangilberto Monti e il giornalista torinese Vito Vita ripercorrono l’età dell’oro della canzone francese, due decenni di fuoco dal dopoguerra in poi che lasciarono un forte segno anche in Italia, oltre che nel resto del mondo, quando tutto ciò che arrivava da Parigi – dai profumi di Chanel alla cucina d’oltralpe – era accolto con favore dal pubblico dello stivale. Le due culture si influenzarono a vicenda, creando una forte sinergia di confine che ne arricchì la moda, la letteratura, la poesia e il cinema.

La canzone non fu da meno e i suoi eroi ispirarono quella italiana, dove la tradizione del belcanto si incrociò con l’arte scenica francofona, dalla poesia degli chansonniers alle invenzioni musicali dei suoi interpreti, che spesso prefigurarono le mode e crearono forme interpretative del tutto nuove. E questo mentre gli autori italiani che tradussero i francesi, spinsero gli interpreti di quelle canzoni a valicarne la frontiera, riportandone a Parigi sfumature, atmosfere e passioni reciproche.

Brassens guidò il cantautorato di Fabrizio De Andrè, Jacques Brel e Yves Montand ispirarono la teatralità di Giorgio Gaber, Serge Gainsbourg aprì la strada alle sperimentazioni musicali degli anni a venire, Claude François esportò il music-hall e firmò melodie senza tempo, Johnny Hallyday importò il rock’n roll in Europa, più di quanto fecero i suoi epigoni londinesi, Bob Dylan s’invaghì perdutamente di Françoise Hardy e Marlon Brando fece lo stesso con Juliette Gréco.

In questo libro, arricchito da preziose discografie, foto d’epoca e rimandi cinematografici curati dallo studioso Enrico Giacovelli, non leggerete solo una carrellata vinilica dei più noti artisti françalien, il neologismo coniato dagli autori, ma scoprirete che tra l’Esagono e lo Stivale si ritrovano più affinità che distanze. E se le canzoni di quell’imperdibile età dell’oro ne sono la prova, le vite dei loro interpreti sono altrettante affascinanti.

Giangilberto Monti
COLUCHE
il comico politico
Miraggi Edizioni

Michele Colucci, in arte Coluche, è stato il più geniale e popolare comico di Francia. Irriverente. Cattivo. Anarchico. Eccessivo. Individualista. Provocatore. Depresso. Ribelle. Politicamente scorretto. Il suo talento esplode negli anni Settanta e quando, ormai famoso, si candida a sorpresa alle Presidenziali del 1981, il suo manifesto elettorale diventa un violento j’accuse contro la corruzione e l’insipienza dei politici francesi, nessuno escluso: “Prima di me la Francia era divisa in due, con me sarà piegata in quattro dal ridere”.

I sondaggi vanno alle stelle, ma non appena Coluche capisce che potrebbe correre alla pari dei politici veri, decide di ritirarsi ed entra in depressione. Dopo un periodo difficile risalirà la corrente, si cimenterà in ruoli di successo al cinema e lancerà una campagna nazionale contro la povertà e la dissipazione delle risorse, inventando i “Ristoranti del Cuore” e mettendo d’accordo l’intero paese. Un banale incidente stradale, a tutt’oggi mai chiarito, gli impedirà nel 1986 il suo ritorno sulle scene, segnando la sua fine, a soli 41 anni d’età.

Gli amici di Coluche erano gli chansonnier Georges Moustaki, Serge Gainsbourg e Renaud, l’attrice Miou-Miou, le star del cinema Gerard Depardieu e Jean-Paul Belmondo, e il giornalista François Cavanna, ispiratore della satira di Hara-Kiri e Charlie Hebdo, ma anche parigini e francesi di ogni età e ceto sociale, la cosiddetta gente comune, che ancora oggi ne celebra il mito ad ogni occasione.

“Questo libro non è un saggio storico o un pamphlet politico, ma una biografia romanzata e divertita del buffone più amato di Francia, perchè la storia di Coluche ci aiuta a capire quello che ha attraversato anche il nostro paese. Se la comicità diventa una branca della politica, allora la politica è solo una delle tante industrie dello spettacolo? O forse la satira è un ingrediente necessario alla democrazia e allora, nell’eterna lotta tra il re e il buffone, poichè l’orrore è umano, riderci sopra ci aiuta a vivere” (Giangilberto Monti)

“Coluche faisait aimablement remarquer aux hommes politiques, qui le prenaient pour un rigolo, que ce n’était pas lui qui avait commencé” (Jean-Michel Vaguesly, secrétaire de Coluche et ancien président des Restaurants du Cœur)

Giangilberto Monti & Roberto Mercadini
BORIS VIAN
Il principe delle notti di Saint-Germain-des-Prés

Continua il felice sodalizio produttivo tra il Teatro del Buratto e Giangilberto Monti, seguendo il filone che unisce musica, vita e poetica di autori e cantautori, soprattutto “quei maledetti francesi” tanto cari a Monti, che dal 1994 si appassiona alle opere di Boris Vian (1920-1959) traducendo e pubblicando le sue canzoni in italiano, ideando radiodrammi – come La Belle Époque della Banda Bonnot (Prix Suisse 2004) – e raccontandolo in Boris Vian, il principe delle notti di Saint-Germain-des-Prés (Miraggi, Torino 2018). In questo spettacolo lo chansonnier G.G.Monti e il clown del­la parola Roberto Mercadini sve­lano l’incredibile vita di uno dei grandi geni del Novecento, che è stato poeta, romanziere, ingegnere ma anche trom­bettista jazz, critico musicale e ani­matore delle notti parigine.

I due, accompagnati dai musicisti Bati Bertolio e Marco Mistrangelo, ripercorrono così parole e canzoni di Vian, dall’uscita del suo primo e scandaloso romanzo, “Sputerò sulle vostre tombe”, firmato con lo pseudonimo di Vernon Sullivan, fino alla sua prematura scomparsa, giunta a soli 39 anni, durante la proiezione del film tratto proprio dal suo romanzo d’esordio.
ROBERTO MERCADINI è nato a Cesena nel 1978. Con oltre 150 date all’anno, porta in giro per la Romagna e per il resto d’Italia i suoi spettacoli di narrazione e i suoi monologhi poetici su temi che spaziano dalla Bibbia ebraica all’origine della filosofia, dall’ evoluzionismo alla felicità. Fra i suoi libri: Storia perfetta dell’errore (Rizzoli, 2018), Sull’origine della luce è buio pesto (Miraggi, 2016) e Rapsodie romagnole (Ponte Vecchio, 2014). BATI BERTOLIO, attivo nel panorama torinese, da anni segue gli spettacoli del cantautore Giorgo Conte. MARCO MISTRANGELO, contrabbassista di fama, è anche insegnante alla Civica Scuola di Musica Claudio Abbado di Milano.

Boris Vian, Libro - Giangilberto MontiGiangilberto Monti
BORIS VIAN
Il principe delle notti di Saint-Germain-des-Prés
Miraggi Edizioni

– Signora Michelle, mi spiega come mai Boris, che nel ’46 ha un fior di contratto con Gallimard, affida a un piccolo editore il suo romanzo forse più noto? – Vuol sapere la verità o i pettegolezzi? – Be’, decida lei… – Allora gliela racconto domani. E per favore, cambi quella sciarpina, è orribile.

Un viaggio romanzesco nel mondo anarcoide e innovativo del geniale artista francese, visssuto nell’affascinante Parigi del dopoguerra. Scrittore, poeta, ingegnere, musicista e molto altro ancora, di Boris Vian si raccontano le sue origini come trombettista jazz e ispiratore culturale delle notti esistenzialiste, al Tabou o ai Trois Baudets, fino alle invenzioni rock composte con l’amico fantasista Henri Salvador, uno dei primi interpreti delle sue folli canzoni, insieme alla cantante-attrice di origini turche Magali Noël. Nelle fumose serate dei locali di Saint-Germain-des-Près, il genio ironico di Vian conciliò nell’immediato dopoguerra il jazz delle prime formazioni miste di performer europei e musicisti afroamericani con il meglio della chanson française, aprendo la strada negli annni Cinquanta agli chansonniers d’oltralpe più sperimentali, come Jacques Higelin o Serge Gainsbourg, e alle interpreti amate dal pubblico dell’epoca, da Catherine Sauvage a Juliette Gréco. Ma Vian fu anche geniale romanziere, autore di uno scandalo letterario senza precedenti – Sputerò sulle vostre tombe – ironico poeta e autore teatrale d’avanguardia, critico musicale, scopritore di talenti e traduttore di brani raffinati, dalle melodie brechtiane agli hit dei film musicali americani. Le sue contaminazioni musicali affascinarono e influenzarono scrittori e intellettuali come Jean-Paul Sartre, autori e poeti come Paul Eluard e Jacques Prévert e i pionieri discografici del tempo, da Eddy Barclay a Jacques Canetti, suo sostenitore assoluto, per i quali organizzava memorabili serate a base di Jazz hot e folli reading poetici, tra patafisica e realtà, in una Parigi ribelle mai dimenticata, che sotto il pavé coltiva ancora quelle anarchiche utopie che l’arte di Boris Vian e dei suoi compagni di viaggio, ha sempre reso possibili.

COP-FOE sempre allegri bisogna stare
Le canzoni del signor Dario Fo

Pp. 160 GIUNTI EDITORE – collana Bizarre

Esplorare il vasto repertorio musicale che Dario Fo ha firmato in carriera, passando dai brani scritti con Fiorenzo Carpi per il teatro alle ballate ironiche composte con Enzo Jannacci per il cabaret, senza trascurare il repertorio più melodico degli esordi televisivi o quello più barricadero negli anni della Palazzina Liberty, accompagnato dalla chitarra di Paolo Ciarchi, è stato l’obiettivo dello chansonnier Giangilberto Monti, in questo lungo “racconto musicale” ispirato a uno dei suoi maestri d’arte scenica.

Quello di Fo è forse uno dei repertori più amati ma anche meno praticati sul palco – a parte lo stesso autore e il suo alter ego musicale, Jannacci – e conoscerne le metafore poetiche, i ritornelli buffoneschi o le strofe più stralunate, significa anche ripercorrere una parte importante della storia del nostro paese, di cui è stato spesso portavoce. Il suo ostinato ribellismo, negli anni più oscuri del nostro paese, è testimoniato in questo libro dalle parole di Vito Molinari – regista e coautore della pluricensurata Canzonissima 1962 – dai ricordi del raffinato teatrante Filippo Crivelli o dalla lunga storia musicale del “tuttofonista” Paolo Ciarchi e dei suoi compari di scena, Ivan Della Mea e Giovanna Marini. Ma anche da figure più dimenticate, come le attrici Nicoletta Ramorino e Graziella Galvani, testimoni degli esordi di Fo al fianco di Franco Parenti e Giustino Durano, che ricordano i primi esperimenti di “grammelot”, uno degli esercizi scenici preferiti dal loro maestro mimico, Jacques Lecoq.Fo ha sempre usato la musica nei suoi spettacoli, non solo per cantarci sopra, ma anche per ragionarci: dalle prime note scritte con il cantante-pianista Vittorio Paltrinieri e il poliedrico compositore Fiorenzo Carpi, alle ballate firmate con i napoletani delle Nacchere Rosse nel terzo millennio. E se il nostro ultimo Premio Nobel – autore di oltre 250 canzoni – non ha mai smesso di voler divertire il pubblico, non ha nemmeno dimenticato che tra una rima e l’altra “sempre allegri bisogna stare”, proprio perché il nostro piangere fa male al re. Che detto dal principe dei buffoni, non è poco.

“Dario Fo è stato un mio maestro, anche se questo libro non vuole esserne una santificazione. Dopo un recital di sue canzoni, che avevo messo in scena nel 1999, ho cercato di non perdere mai il filo del suo lavoro musicale. Il mio ultimo album contiene un suo inedito (“Alla fine della festa”), ma un libro mi sembrava il modo migliore per riassumere la sua passione per le sette note.  Però non m’interessava elencare una raccolta di testi, ma raccontare un mondo artistico affascinante e complesso. Ci sono amare verità, aneddoti scomodi – dai litigi con gli eredi Brecht alla dubbia paternità della canzone-manifesto Ho visto un re – dialoghi immaginari ma verosimili tra i suoi protagonisti, contrasti di coppia e furbizie da mestierante, egotismi senza freno e millanterie d’artista. Ma anche collaborazioni poco note, bellissimi versi e litigate tra star della canzone d’autore, come nel caso di La mia morosa la va alla fonte. E in tutto questo, spicca la grande capacità organizzativa dell’amata Franca Rame e la genialità trascinante di questo signore della scena: l’autore italiano più rappresentato al mondo, anche se molti di noi non se ne sono accorti. E se pensate che, da vivo, Dario Fo non è mai riuscito a ottenere ufficialmente un teatro nella sua città, chissà se finalmente si decideranno a intitolargliene uno adesso” (Giangilberto Monti)

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ROMANZO MUSICALE DI FINE MILLENNIO

Miraggi Edizioni

Nelle pagine di questo libro – presentate al Salone del Libro di Torino il 14 maggio 2016  – il cantautore milanese racconta un modo indubbiamente diverso di ‘fare spettacolo’, descrivendo incontri e scontri con personaggi iconici. Una vera e propria epopea del mondo vinilico, dalle stelle alla sua polvere, fino alla sparizione di un’epoca storica e dei suoi protagonisti.
“Non è solo un’autobiografia, è il racconto di una generazione e anche del modo di fare arte tipico di quella generazione degli anni ’70 da cui provengo. È il racconto di personaggi che poi sono diventati molto noti e del mio sogno, quello della mia carriera, che oserei dire è quella di un super-dilettante. Allora era possibile con una chitarra e una voce riuscire a farsi strada in un mondo che era molto diverso da come è ora, i provini era veri e le persone erano ancora persone, le si conosceva veramente e non attraverso un articolo, un’intervista o un passaggio televisivo”. Tra gli episodi narrati c’è il primo provino teatrale del cantautore “fatto con Dario Fo, a casa sua”, l’incontro col suo primo produttore, Nanni Ricordi e molto altro.. in “un putiferio di cantautori, poeti, scrittori, giornalisti e persone rimaste ai più sconosciute, ma che hanno accompagnato tutta la mia vita”.

 

 

le_canzoni_lbMarcos Y Marcos, 1995

Le più belle canzoni di Vian: dal jazz al rock allo swing, fino alle giave francesi e ai ritmi latino americani – Cantare, Berrò, Il disertore, e tante altre, ricche, come i suoi romanzi e forse più, di poesia e umorismo, di impegno civile e sognante, surreale follia – negli adattamenti di Giulia Colace e Giangilberto Monti, introdotte da un documentato e gustoso profilo su Vian e la musica.
I “salati” interventi del grande autore della Schiuma dei giorni sul mondo musicale che lo circondava, sull’arte e sul mercato dell’arte, su come costruire un successo, sul gusto musicale, su glorie e soprattutto nefandezze dei critici.
Le testimonianze di Jacques Canetti, il leggendario discografico che scoprì il Vian chansonnier e cabarettista e di Alain Vian, uno dei tre fratelli (i famosi tremelli dello Strappacuore) di Boris.
Completano questo libro la discografia e una cronologia artistica che sintetizza la frenetica e multiforme genialità di Vian.
“Una cosa eterna è una cosa di una certa importanza… non è quindi possibile prendere la canzone sotto gamba. Cosa resta della Rivoluzione francese se non il Ça ira, La Carmagnole, la semplicissima Marsigliese, senza la quale ai nostri rappresentanti al governo sarebbe impossibile uscire, a testa alta e con passo elastico, da una seduta vergognosa?”

dreyfus_lbGreco & Greco, 1999

“Un gruppo di professionisti coadiuvati dal noto avvocato Francesco Piscopo, difensore per anni delle battaglie civili di Franca Rame e Dario Fo, raccoglie alla fine degli anni Novanta testimonianze sul caso del capitano dell’esercito francese di origine ebraica Alfred Dreyfus, che negli ultimi anni dell’Ottocento fu incriminato ingiustamente con l’accusa di alto tradimento e spionaggio ai danni della Francia. Degradato e condannato ai lavori forzati il suo caso suscitò grande sdegno e scalpore nella parte più illuminata del paese”.
Giangilberto Monti ha scritto insieme allo storico Vittorio Orsenigo – regista nel 1950 del Piccolo Teatro e scrittore raffinato – un testo teatrale lucido e appassionato, basato sui giornali dell’epoca e costruito come un radiodramma dal vivo a quattro voci. Sia la Rai sia la Radio Svizzera Italiana ne hanno rifiutato a suo tempo la produzione.